Project Description
IL PALAMITO O COFFA
La pesca con il palamito è una delle tecniche più antiche del mondo. Si ritiene infatti che sia di provenienza dalla Catalogna nel 1700, e da qui si sia rapidamente diffuso nel resto d’Europa e nel mondo. In Italia la pesca con il palamito viene ancora praticata, soprattutto al sud.
E’ un tipo di pesca professionale o sportiva costituita principalmente da una lenza speciale detta appunto palamito.
Il palamito è costituito da una lunga corda di grosso diametro, dove sono inseriti ad intervalli regolari spezzoni di lenza più sottile portanti ognuno un amo, e da una coffa, ovvero una cesta di plastica abbastanza grande. Il palamito o coffa in sintesi non è altro che un sistema di ami con braccioli lunghi circa 1.40m legati tra di loro in un lungo trave portante fatto in nylon ma più preferibilmente in cordino che viene calato dalla barca, portato a fondo dai piombi e segnalato da una boa con delle bandierine.
Gli ami vengono armati con pesci vivi o morti, come ad esempio cefalopodi o altri molluschi, crostacei, oloturie e perfino esche artificiali.
Una volta lasciato il palamito sul fondo innescato bisognerà attendere da 2 a 6 ore prima di ritirarlo.
Non è raro che molti pescatori calano il palamito per poi dedicarsi alla traina, drifting o altre tecniche per poi recuperarlo prima di rientrare. Le prede più pregiate che si possano insidiare con la tecnica della pesca con i palamiti sono rappresentate da spigole, orate, lampughe, saraghi e specie simili.
LA NASSA (A CAMPANA O A BARILE)
La pesca con le nasse è una tecnica antica praticata in particolare nelle marinerie del Sud Italia per la cattura di pesci, cefalopodi o per crostacei come aragoste e gamberetti. La nassa è in pratica una trappola che attira all’interno di essa le prede che rimangono bloccate all’interno. Solitamente questo avviene grazie ad un’ entrata ad imbuto che permette con facilità agli animali marini di entrare ma non di uscire.
Le nasse da pesca costruite a mano dai nassaroli sono fatte in giunco, una pianta abbastanza duttile facilmente lavorabile soprattutto per gli intrecci. Con il giunco infatti vengono ancora oggi costruiti panieri e cesti. Oggi sono pochissimi i nassaroli che costruiscono ancora nasse in giungo. Una buona parte di essi non le costruiscono piu’ per la pesca ma bensì come oggetti da arredamento dato che le nasse sono costruite in materiale plastico o in metallo.
A seconda della specie target le nasse sono costruite con entrate differenti e diverse dimensioni. Le nasse per aragoste per esempio sono grandi con forma a campana. Le aragoste possono rimanere all’interno anche diverse settimane. I pescatori infatti a volte utilizzano le nasse come vivaio. In questa maniera possono conservare vive le aragoste in mare in attesa della domanda dei ristoratori o dei clienti che le richiedono. Le nasse per seppie invece sono piccole.
Le nasse per gamberetti invece, più piccole, sono calate su fondali profondi. Questo tipo di trappole mobili vengono calate per essere tirate dopo 12 ore.
TOTANARA
Tradizionalmente, la pesca dei cefalopodi sulle nostre coste veniva praticata quasi esclusivamente dalla barca utilizzando lunghe lenze manovrate a mano a cui erano collegate le classiche “totanare” che venivano fatte lavorare pescando lentamente in prossimità del fondale.
Imitazione di un gambero che presenta al termine, ”cestelli”, ovvero ami che si aggrappano ai tentacoli dei totani. Pesca molto utilizzata in costiera amalfitana.
Le lenze possono essere semplici, come quelle usate per i polpi, limitate a un monofilo di grosso diametro avvolto su una tavoletta, con una lunghezza media intorno ai cinquanta metri. Dal momento però che pescando di notte si rischia di ingarbugliare il filo durante un recupero, è più comodo usare una canna robusta e rigida, con un mulinello capace di avvolgere cinquanta metri di monofilo dello 0,50.
Totani e calamari si possono pescare sia con esche naturali, sia con esche artificiali. Con esche naturali, solitamente piccoli pesci come boghe o sugarelli non superiori ai 150 g di peso, si usa il “ciuffo” o “totanara” che, nonostante il nome, è valido anche per i calamari. Consiste in un tondino metallico d’acciaio o d’ottone, lungo una ventina di centimetri e con un diametro di pochi millimetri, con a un capo un ciuffo di ami robusti e privi di ardiglione e all’altro un anello saldato che permette di assicurare saldamente la totanara alla lenza. Anche i pesci finti vanno bene:
PESCA A FONDO
La pesca a fondo è una tecnica di pesca molto utilizzata dai pescatori, viene effettuata con canna da pesca e mulinello molto resistenti, non è una tecnica di pesca dove serve attrezzatura leggera.
La pesca a fondo in generale è una tecnica dove si possono catturare quasi tutte le specie di pesce, naturalmente la tipologia di preda cambia a seconda del luogo di pesca e della esca utilizzata. Una tecnica di pesca che viene effettuata senza galleggiante e viene utilizzata la stessa canna da pesca per verificare le mangiate dei pesci. Viene costruita una lenza con piombo, girella e finale lanciando con la canna e mulinello viene messo il monofilo in tiro fino a che il cimino della canna da pesca risulterà un po’ piegato verso la nostra lenza.
La mangiata del pesce si potrà vedere quando il cimino si comincerà a muovere in maniera molto forte e veloce, in questo caso bisognerà ferrare il pesce.
PESCA A SPINNIG
Lo spinning in mare è una delle ultime nate tra le tecniche di pesca in mare; principalmente consiste nel lanciare dalla costa un artificiale e, recuperandolo, si cerca di invogliare un predatore ad attaccarlo così da rimanere allamato alle ancorette o all’amo presente sull’artificiale. La pesca a spinning è pertanto una pesca a recupero che viene effettuata con esche finte, di plastica dura o di gomma.
Le prede dello spinning sono principalmente le specie predatrici, anche se capita spesso di catturare altre prede (ad es. Salpe, Sciarrani, Tracine) che attaccano l’artificiale solo per aggressività naturale o per la difesa del territorio. Vediamo le caratteristiche delle prede principali:
– Spigola: è la più ricercata dal pescatore a spinning e catturarla richiede conoscenza delle abitudini del pesce e scelta del momento migliore. Attacca principalmente minnows e ondulanti e va cercata soprattutto in superficie e in acque torbide e ricche di spuma, sulla costa rocciosa bassa, le spiagge e nei porti.
– Occhiata: rappresenta la preda più comune di questa tecnica e si cattura principalmente con gli ondulanti e i minnows. È molto interessata anche alle piume presentate sia come ornamento degli artificiali che con testine e ami piombati. Zona di elezione dell’occhiata, sono le scogliere alte con fondali consistenti.
– Aguglia: molto aggressivo, questo belonide rappresenterà molte volte il “premio di consolazione” del pescatore. Se abbiamo a tiro di canna un branco di aguglie, il divertimento è assicurato. Attacca voracemente i piccoli ondulanti e piume. Non è raro catturarla anche con i minnows a volte anche di grosse dimensioni. È presente sia sulle coste rocciose che nei porti.
– Ricciola: sarà una preda possibile nei momenti di passo di questo pelagico e non sarà mai allo stato adulto. Presente in prossimità della costa nei periodi di settembre/ottobre, prima di muoversi verso le secche in mare aperto è particolarmente aggressiva ed attacca minnows ed ondulanti consistenti. Presente principalmente sulle coste rocciose alte con fondali consistenti oppure nelle grandi insenature sabbiose.
– Pesce Serra: è il predatore per eccellenza ed una delle prede più ambite dal pescatore a spinning, sicuramente il più difficile da portare a casa. Se anche abbiamo la fortuna di averlo in canna, non è detto che la disputa si concluda a nostro favore. Attacca principalmente minnows nelle misure maxi. Sarà più probabile la sua cattura in prossimità delle punte che si insinuano in mare aperto, coste rocciose alte e spiagge con fondali consistenti.
– Leccia: a spinning è possibile catturarne di due specie: la stella e l’amia. Rappresentano il sogno di ogni pescatore e sono l’unica preda che può raggiungere misure considerevoli. Si insidia con i minnows e i poppers grandi e vistosi. La si deve cercare sulle scogliere alte e nelle ampie insenature sabbiose, anche se non è raro catturarla nelle acque esterne dei porti e nelle darsene. Attacca l’esca principalmente in superficie.
PESCA A TRAINA
Come dice il nome, la traina costiera è una tecnica che viene praticata in vicinanza della costa per la cattura di alcune specie che abitano regolarmente questa fascia di mare o che, in determinate stagioni, si avvicinano alla costa per la riproduzione o la ricerca di cibo. Nota anche con il nome di “Piccola Traina”, a causa della piccola taglia delle prede più comuni, è sicuramente la prima esperienza di traina per il neofita, soprattutto per la facilità di disporre di un’imbarcazione adatta a questo tipo di pesca. Comunque è una tecnica che può dare molte soddisfazione sia insidiando le Spigole costiere che nei momenti di passaggio dei pesci pelagici.
Esistono due tipi di pesca alla traina, la prima è una pesca in mare prevalentemente costiera praticata con attrezzature leggere, la seconda invece è destinata alla cattura di pesci pelagici di dimensioni maggiori. Si pratica trainando, appunto, un’esca artificiale o un’esca viva con la barca. La velocità di traina dipende dal tipo di esca utilizzata. La pesca alla traina costiera permette la cattura di spigole, dentici lampughe e piccoli tunnidi. La pesca alla traina d’altura invece si indirizza alla cattura di tonni, ricciole, pesci spada. E’ una tecnica di pesca che si effettua in mare con la barca in movimento e l’esca appunto viene trainata dal movimento della barca. Quando si pesca a traino bisogna sempre osservare il mare, questo è un elemento essenziale per la riuscita della pesca.
Per questa tecnica di traina può andare bene qualsiasi imbarcazione, dalla canoa a remi, alla piccola lancia a motore. Sicuramente non sono adatte, invece, le grandi barche d’altura che si muoverebbero in maniera poco pratica tra scogli affioranti, windsurf e gommoni vari. Le dotazioni di base sono quindi minime, nel rispetto della legge, e senza particolari pretese. Sicuramente una postazione di guida centrale e con la possibilità di blocco del volante, possono risultare determinanti in caso ci si trovi da soli in barca e un bel pesce in canna.
PESCA A BOLENTINO
Questa tecnica di pesca viene effettuata dalla barca in mare ed è una tecnica che se effettuata bene è molto redditizia. Si tratta di una pesca praticata sulla verticale della barca che permette di catturate le prede celate sul fondo. La pesca a bolentino si pratica con una canna da pesca lunga da 1.20m a 2.50m a seconda del fondale, della corrente e delle specie ricercate. In generale si preferiscono canne corte non più lunghe di 2 metri.
Si può effettuare anche senza canna da pesca, basta avere un terminale a più ami (solitamente 2/3) che grazie ad un piombo posizionato sulla parte terminale permette di inviare le nostre esche sul fondo. Per praticare questa tecnica si utilizzano esche naturali come gamberetti, vermi, piccoli cefalopodi (seppioline o cappuccetto), sardine a tocchetti o le cozze prive della conchiglia.
Questa pesca in mare si indirizza alla cattura di pagelli, saraghi, orate ed altri pesci costieri.
Esistono tre differenti tipi di pesca a bolentino:
– Bolentino costiero (praticato su un fondale con circa 15-30 metri di profondità): il bolentino costiero viene praticato su fondali che hanno una profondità di circa 15-30 metri. È proprio questa particolarità che lo differenzia dagli altri tipi di bolentino; ha l’indubbio vantaggio di essere molto facile da praticare, anche per chi è alle prime armi. Infatti questa tecnica permette di catturare le specie costiere senza particolari problemi, dal momento che quel che occorre fare è aspettare il momento giusto per poi ferrare e recuperare la preda con una lenza a mano o una canna da pesca.
– Bolentino a medio fondale (30-70 metri circa di profondità): Si parla di bolentino di medio fondale quando il luogo della pesca effettiva dista dai 30 ai 70 metri dalla costa. La prima cosa da effettuare, prima ancora di partire è individuare il tipo di fondale. A seconda della composizione del fondo poi, varia anche la tipologia di preda che è possibile pescare. La tipologia di preda che è possibile pescare con il bolentino a medio fondale varia molto in base al tipo di fondale scelto, al periodo dell’anno e alla batimetria. In generale, le secche sono zone che ospitano una grande varietà di specie durante tutto l’anno. In questi punti, possiamo facilmente trovare:
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- – saraghi;
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- – scorfani;
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- – dentici;
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- – scorfani;
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- – triglie;
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- – pagelle;
– Bolentino di profondità (sui fondali molto profondi): è richiesta una strumentazione specifica per poter raggiungere tali profondità. L’imbarcazione deve essere lunga almeno 8 metri e disporre di adeguati strumenti di navigazione quali GPS e ecoscandagli. Si scandagliano le varie profondità in maniera progressiva, aumentando gradualmente la misura fino a trovare le prede e il fondale adatti.
Importante è anche il calcolo delle correnti, che devono essere prese in considerazione in particolare per l’effetto sull’ancoraggio e, a volte, anche sui pesci. La corrente può infatti essere sfruttata a nostro vantaggio per “convogliare” i pesci più vicini.
L’importanza della strumentazione di bordo risulta ancora più essenziale se si considera che tutto viene analizzato sulla barca, non solo le profondità ma anche lo stato dell’attrezzatura mentre è in uso, il carico dei mulinelli, la presenza di secche o scogli sul fondale. Anche l’attrezzatura deve essere elettrica, al contrario rischieremmo di perderla a profondità impossibili per recuperarla.
La differenza tra queste tecniche risiede semplicemente nella profondità del fondale su cui si effettua la pesca.Il bolentino costiero si pratica per catturare specie costiere con una imbarcazione, mentre il bolentino medio fondale e il bolentino in profondità si praticano per pescare pesci che si trovano a largo o che risultano più facilmente prendibili sui fondali profondi.